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"Percy's song"

La mia prima graphic novel

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La notte in cui ascoltai “Percy’s song”, stavo vivendo un momento di stallo nella mia vita: non potevo tornare indietro e non sapevo come procedere. Ero in un parcheggio, in macchina, da sola, senza un posto dove andare o qualcuno a cui chiedere aiuto. Tutto ciò che potevo fare, era ascoltare quella canzone e attendere.
Anche Percy, il protagonista di questa storia, è legato a una situazione in cui non può fare altro che aspettare. E lo fa suonando una melodia, tutte le notti, la stessa.
Cosa succede quando non sappiamo più chi siamo e sentiamo che il nostro passato non ci rappresenta più? Torniamo bambini, dimentichiamo l’esperienza e ci lasciamo guidare dall’istinto. Diventiamo ingenui e cerchiamo di costruirci un’identità, vagando da una situazione all’altra, provando a capire cosa definirà il nostro “Io”.
Spesso non riusciamo a diventare le persone che vorremmo essere e ci sarà sempre qualcuno pronto a puntarci il dito contro.
Questa storia vuole solo ricordarci che nessuno di noi dovrebbe arrogarsi il diritto di giudicare, quanto piuttosto assumersi il dovere di capire.
Forse ci sarà davvero un processo dopo la morte, in cui saremo tenuti a dare spiegazioni riguardo a tutto ciò che abbiamo fatto. O forse, dovremmo solo trovare il coraggio di vivere consapevoli che le situazioni capitano, che le scelte sbagliate si prendono, che non c’è sempre il lieto fine e come canta Bob Dylan:

“The only tune my guitar could play was: Oh the cruel rain and the wind.”

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